Sulle attribuzioni patrimoniali al coniuge convivente

Sulle attribuzioni patrimoniali al coniuge convivente

Con una recente sentenza, la Suprema Corte è tornata sul tema delle attribuzioni patrimoniali svolte a favore del coniuge convivente durante il rapporto coniugale.

Il principio in questa sede ribadito dagli ermellini è peraltro applicabile anche con riferimento alle attribuzioni pèatrimoniali rese nell´ambito delle convivenze more uxorio.

Nelle fattispecie in questione, e tipicamente in ipotesi di dazioni di denaro (es. versamenti sul conto corrente intestato al convivente) o di donazioni indirette (es. dazione del denaro necessario per l´acquisto di un immobile), si pone il problema dell´applicabilità o meno dell´art. 2034 c.c. in materia di obbligazioni naturali.

Ai sensi della predetta disposizione, infatti: "Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace".

La giurisprudenza di legittimità e di merito consolidatasi sul punto riconosce l´irripetibilità di quanto prestato, e quindi l´applicabilità dell´art. 2034 c.c., solamente laddove la prestazione sia proporzionata ed adeguata rispetto alle condizioni sociali e patrimonali del solvens.

In caso contrario, infatti, le pronunce giurisprudenziali sono granitiche nel riconoscere il diritto alla restituzione di quanto indebitamente prestato ai sensi dell´art. 2041 c.c., come riportato da ultimo dalla Suprema Corte: "Da ultimo, è stato affermato che "L´azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell´altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicchè non è dato invocare la mancanza o l´ingiustizia della causa qualora l´arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell´adempimento di un´obbligazione naturale. E´, pertanto, possibile configurare l´ingiustizia dell´arricchimento da parte di un convivente "more uxorio" nei confronti dell´altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza - il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto - e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza". (Cass. n. 11330 del 2009).

Nella specie, la Corte di appello ha ritenuto che il pagamento di Euro 170 mila da parte del L. non potesse ritenersi rientrante nell´ambito della obbligazione naturale nascente dal rapporto di convivenza. E tanto, dopo aver preso in considerazione le condizioni sociali delle parti e aver, con apprezzamento di fatto, valutato la prestazione patrimoniale non proporzionata all´entità del patrimonio, in considerazione della pensione (di Euro 2.300 circa) del L. e della circostanza che, per poter effettuare il pagamento in questione, il L. aveva venduto titoli e azioni" (Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-09-2015, n. 18632).

Tanto in presenza di un rapporto coniugale, quanto in ipotesi di convivenza more uxorio, pertanto, pertanto al fine di stabilire la ripetibilità o meno di quanto corrisposto è indispensabile indagare il rispetto dei limiti di adeguatezza e proporzionalità rispetto al patrimonio di colui che ha prestato: "E´ bensì vero, infatti, che le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell´ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell´art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell´altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale; con la conseguenza che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente "more uxorio", effettuate nel corso del rapporto, configurano adempimento di un´obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza (Cass. 1277/2014). Sicchè - in via di principio - l´attività lavorativa e di assistenza svolta all´interno di un contesto familiare in favore del convivente "more uxorio" trova di regola la sua causa nei vincoli di fatto di solidarietà ed affettività esistenti, alternativi rispetto ai vincoli tipici di un rapporto a prestazioni corrispettive, qual è il rapporto di lavoro subordinato" (Cass. Civ. sent. 25.1.2016 n. 1266).

16 Giugno 2016